
- Autore: Giovanna De Crescenzo
- Titolo: A un passo da te
- Città e anno di pubblicazione: Bari, settembre 2019
- Editore: WIP Edizioni
- Genere: Narrativa, romanzo di formazione
- Collana: Social /1
- Temi trattati: Essere donna oggi, affermazione di sé, emigranti, profughi, razzismo, volontariato, empatia, solidarietà, mobbing
- Personaggi principali:
Alexander Hand (figlio di genitori misti: padre americano e madre italiana) è un mental coach di successo e si serve della Bookmark per pubblicare i suoi libri di settore. È un personaggio di bell’aspetto, brillante, di sani principi morali. Laureatosi in Scienze dell’informazione, conosce Michael Head, con il quale scopre di avere in comune l’attitudine al coaching. Si specializzano entrambi in America acquisendo doti notevoli, che gli consentono di essere conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Le loro carriere esplodono e in società fondano un’azienda di coaching con circa 200 dipendenti (altri coach) che girano il mondo per conto dell’azienda. La sede principale è a New York con filiali a Parigi, Madrid, Milano, Mosca e Praga, ma la cattiva condotta speculativa del socio, vale allo stesso una denuncia per bancarotta fraudolenta e la perdita dell’azienda con il sequestro di tutti i beni aziendali e personali di entrambi i soci. Alexander ricomincia da zero.
Inizialmente mentore per Nina, si rivela come una figura più penetrante: non solo amante, ma immagine speculare di Nina, nella quale lei si riflette, cresce, si evolve e acquisisce indipendenza, forza e liberazione dalle proprie gabbie mentali.
Nina. «Ora vi parlo di me. Nina Garrone, single
per scelta, trent’anni, bruna, alta, dalle forme snelle, piene e
aggraziate. Carattere deciso. Intollerante nei confronti della
maleducazione, dei disonesti, della boria, dei saccenti, dei
leccaculo e degli amanti di questi ultimi.
Una lista lunghissima
di impieghi tra i più diversi: barista, ragazza delle consegne per
una pizzeria, addetta alle vendite in una profumeria, responsabile di
un grande negozio di abbigliamento (chiuso dopo due anni dalla mia
assunzione per fallimento dell’intera catena), postina stagionale,
insegnante di ripetizione, fino ad arrivare all’agenzia
pubblicitaria dove ho lavorato per un paio di anni. Un lavoro che non
mi ha mai soddisfatto, ma mi permetteva di essere autonoma, seppur
stringendo la cinghia.
Poi c’era il giornale per il quale
scrivevo da diverso tempo. Arrotondavo lo stipendio e soprattutto
davo sfogo alla mia unica, vera e grande passione: la scrittura»
(cap. 1). È così che la protagonista si descrive al lettore, quasi
a confidarsi con un vecchio amico.
Nel corso della narrazione il personaggio prenderà forme ancora più definite, tratteggiando di sé un’immagine di donna forte, intraprendente, coraggiosa, che sa quello che vuole e resta fedele ai propri principi morali. Nina si espande, diventa luce che abbaglia, simbolo femminile per eccellenza.
«Appena uscita dall’ospedale provai a chiamare Hand. Avevo bisogno di sentirlo, avevo voglia di raccontargli quello che era successo. Il telefono squillò a vuoto. Dispiaciuta, decisi di rimettermi in macchina e ripresi a guidare (qualcuno tra voi lettori penserà: incosciente!, ma per me è normale, sono abituata a sbrigarmela da sola)» (cap. 12).
Si racconta e interagisce occasionalmente con il lettore, offrendo spunti per riflettere:
«Provaci anche tu che stai leggendo. Prova a guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. All’inizio, forse, ti sembrerà di fare uno sforzo, ma dopo alcuni tentativi verrà spontaneo e sarà quello il momento in cui ti sentirai fluttuare, certo di aver fatto pace con te stesso e di aver trovato l’equilibrio. A quel punto ti chiederai: Come ho fatto ad abituarmi alla vita, a dare tutto per scontato?» (cap. 12).
«La Nina che conosco avrebbe pensato Ecco ci sta provando, ma vi assicuro che Hand non era uno che ci provava per il gusto di farlo, per aggiungere un numero in più alla sua lista di donne conquistate negli anni» (cap. 12).
Occasionalmente spiritosa: «Ripreso a fatica l’equilibrio, sperai solo di centrare il gabinetto. Mentre mi liberavo mi chiesi come diavolo avessi fatto a tenere in corpo tutto quel liquido senza esplodere. Ero un rubinetto aperto al massimo.
Dopo aver tirato lo scarico tornai al lavandino. Mi sciacquai la faccia con tanta acqua gelata. Successivamente scoprii che avevo a disposizione solo un dannatissimo asciugamani elettrico, odioso, quel maledetto dispositivo che ha preso il posto del comune dispenser di carta e che serve per asciugare le mani con l’aria calda. Fui costretta a usare la carta igienica, un’esperienza tremenda, perché avevo paura di ritrovarmi con i pezzi di carta igienica incollati sul viso. Infatti, quando uscii dal bagno, il cameriere-angelo-custode mi indirizzò uno sguardo complice, mentre con l’indice si toccava la guancia per farmi capire che avevo un intero quadrato di carta igienica in faccia. Alex non si accorse di nulla, per fortuna» (cap. 12).
Blanca. «la mia compagna di stanza, Blanca, una
ragazza italo-portoghese con la quale dividevo l’affitto, le
bollette, la spesa al supermercato.
Blanca era qualcosa di più
che una semplice coinquilina: sapeva ascoltare, aveva un carattere
mite, odiava tutto ciò che non fosse naturale, tanto da evitare
anche la tinta per i capelli lasciandoli brizzolati, in compenso
aveva un bel taglio corto da vera manager. Aveva un fascino
singolare. Era alta, non aveva un fisico statuario, ma possedeva quel
giusto che avrebbe potuto consentirle di trovare la sua metà, se
solo non avesse avuto quello sguardo da professionista tutta d’un
pezzo. Incarnava la classica figura condannata alla partita iva,
infatti, dopo qualche anno da impiegata, aveva deciso di mettersi in
proprio e sviluppare una piattaforma web, della quale non ho capito
mai un granché tranne il fatto che aveva a che fare con le tasse.
Non riusciva mai a sbarcare il lunario, ma quel lavoro la faceva
sentire realizzata nonostante tutti i problemi della libera
professione. Le piaceva ascoltare le mie giornate, perché – diceva
– l’aiutava a distrarsi dalle sue» (cap. 1).
Questo personaggio emergerà nel corso della narrazione, svolgendo un ruolo chiave a favore della tutela della donna.
Teresa. «Teresa, una ragazza sulla trentina, originaria della Puglia, viveva in Scozia con Scott, suo marito, e si trovava in vacanza proprio lì, nella città dell’amore: la città più ammirata, più celebrata, più cantata dai poeti, più desiderata dagli innamorati, più visitata e illustre della penisola» (cap. 13).
«Un giorno, Teresa trovò una mail nella sua casella di posta
elettronica: il mittente era un’associazione che si occupava di
volontariato in Africa. Cercavano altri volontari. Teresa spalancò
gli occhi: sin da bambina sognava di andare da quelle parti, lontano,
e quella era un’occasione da prendere al volo. In una manciata di
secondi contattò il numero segnalato nella mail. Fece due conti:
aveva solo mille e trecento euro (messi da parte faticosamente) e il
biglietto dell’aereo ne costava ottocentocinquanta. Di solito,
prima di ogni importante decisione, ci si trova a valutare
attentamente le possibili implicazioni. Lei non lo fece. In pochi
minuti prenotò il volo.
Raccontava la sua storia con lo stesso
sguardo di un’innamorata che ricorda il suo primo vero amore»
(cap. 13).
«Teresa disse di essere rimasta in Kenya per ventuno giorni, poi
dovette ripartire con il cuore straziato. Si era ormai affezionata a
quella gente bisognosa di aiuto.
Nel villaggio, dove alloggiava
con altri volontari, non c’era nulla: mancavano luce, acqua, tutto.
Un bel lavoraccio, che nel tempo portò quel posto ad avere un
generatore di elettricità, scuole e un punto di riferimento per
tanti orfani» (cap. 13).
Oronzo è il capoufficio di Nina nella Bookmark.«In quei giorni capii un sacco di cose riguardo ai ruoli dei ragazzi e, soprattutto, delle ragazze impiegate lì dentro. Freschi di scuola o con scarse esperienze professionali alle spalle, sembrava avessero scelto di garantirsi un posto più sicuro, in quell’azienda, accarezzando le voglie di Oronzo. Avevo scoperto una sorta di competizione silente tra le figure femminili. Il sudicio Oronzo era continuamente ricoperto di attenzioni tra chi gli porgeva una caramellina alla menta mettendogliela direttamente in bocca e chi, con sorriso civettuolo, gli accendeva la sigaretta in corridoio» (cap. 21).
«Pensare al panzone sciatto, puzzolente, sessualmente onnivoro, viscido e arrogante, che avrei incontrato come sempre in ufficio, mi faceva salire il sangue al cervello.» (cap. 26).
«Nelle quattro mura che dividevo con il resto della ciurma lavorativa, scoprii che Oronzo aveva eiaculato un’altra delle sue idee geniali per farmi scalare la vetta al contrario dandomi un nuovo ruolo: scrittrice di necrologi» (cap. 26).
Spazio della narrazione
Vari comuni d’Italia, dove Nina si reca per il suo lavoro di “cerca storie”.